I cammini della memoria

Ciao,

sono nato a Recco il 10/11/1933 e ricordo benissimo la notte del mio decimo compleanno; ero come tutte le sere nella mia casa a Cotulo,sulle alture di Recco, quando ad un certo punto nulla è stato più come prima. Un forte boato e una nuvola di polvere nera nascondeva Recco e i suoi palazzi. Sentivo le persone urlare e i miei genitori, sconcertati di quanto stava accadendo, cercavano di celare la loro preoccupazione per non spaventarmi.
Al mattino presto,al sorgere del sole, scesi in paese con mia mamma: la Parrocchia e la città erano semidistrutte, le piazzette dove giocavo coi miei amici erano coperte da macerie ed evidenti erano i  crateri lasciati dalle bombe.
Fu solo il primo dei 27 bombardamenti che colpirono la mia città nei successivi 2 anni.
La mia vita cambiò parecchio: tante famiglie che abitavano in centro si trasferirono sulle alture vicino a casa mia, dove erano più al sicuro, così trovai tanti nuovi amici.
Nel fienile di casa nostra si trasferì una famiglia con un bambino che aveva un paio d'anni più di me e con lui ci divertivamo a correre su e giù per le fasce aiutando gli adulti con lo "stampotto" per realizzare i rifugi antiaerei.
In una delle nostre scorribande recuperammo un pezzo di bomba, la portammo a casa e con l'aiuto dei nostri genitori la appendemmo al pergolato. Battendoci sopra con un martello produceva un suono simile ad una campana e le mamme ci sgridavano perchè facevamo troppo rumore.


Fù da lì che ci venne l'idea: e se l'avessimo usata per dare l'allarme quando passava "Pipetto"? Pipetto era un piccolo aereo a cui nessuno avrebbe prestato attenzione se non fosse stato che passava prima della squadriglia che sganciava le bombe sulla città.Fu così che quella vecchia scheggia e un martello di mio papà divennero la nostra sirena personale.Faceva così tanto rumore che anche dal centro di Recco gli operai la sentivano e potevano mettersi in salvo.

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Al di là del ruscello, a Carbonara, girava voce ci fossero tre ragazzotti Pino, Mario e Giovanni che stavano provando a costruire un rifugio e si diceva fossero andati sino a Genova per prendere l'esplosivo. Mi ricordo una mattina all'alba di essere stato svegliato da un forte boato: ci erano riusciti, avevano avviato la costruzione del rifugio di Carbonara.

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I nostri genitori fecero in modo che la nostra vita trascorresse seguendo le nostre consuetudini: al mattino andavamo a scuola nella cantina della villa, in cima alla collina. Il pomeriggio davamo una mano ai grandi nella cura degli orti e degli animali e alla domenica andavamo a Messa.
La celebrazione veniva fatta all'aperto, ma quando il tempo non lo permetteva o era in corso un bombardamento, ci spostavamo all'interno del rifugio.

Si ringrazia per il Testo: Patrizia Balletto, Stefania Zerega e Luisa Capurro.