Punto di partenza del Cammino della memoria Itinerario inaugurato nel 80° Anniversario del 10 Novembre 1943
Km 1,00 - Tempo di Percorrenza 40 Minuti - dislivello sul mare 26 Metri
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Ci troviamo a San Rocco.
Questa località ha mantenuto una struttura molto simile a quella del periodo pre- bellico; numerose sono le abitazioni dell’epoca ancora presenti sul territorio, soprattutto sull’argine destro del fiume.
All’epoca la zona era ricca di orti e di alberi da frutto: tra Recco ed Avegno si estendeva una distesa di noccioli, ciliegi, alberi di amarene e campi coltivati; la presenza dei noccioleti era particolarmente importante per l’economia delle famiglie: donne e bambini erano infatti impegnati nella realizzazione delle “reste” (collane di nocciole), che si narra venissero vendute sino ad Arenzano.
Sovrasta su questa zona il convento del Sacro Cuore, qui alle nostre spalle, che ospitò diversi servizi tra cui gli uffici dell’anagrafe e dello stato civile del Comune di Recco ed i Parroci delle Parrocchie del comprensorio quando vi si recavano per le registrazioni anagrafiche erano soliti celebrarvi la Messa. L’allora Parroco era infatti spesso impegnato nel celebrare le Sante Messe nei luoghi in cui la popolazione era sfollata (presso i rifugi oppure all’aperto).
A poca distanza da qui sorge la Parrocchia di San Rocco che non avendo, come tutta la zona, subito grossi danni durante i bombardamenti si presenta oggi ai nostri occhi così come era allora.
Da qui, attraversando il piccolo ponte pedonale, troviamo alla nostra destra la chiesa di San Rocco con il suo storico portale. Lungo la statale in direzione entroterra incontriamo il primo dei due ponti romani che attraversano il torrente Ricina. Percorrendo interamente il ponte entriamo in quella porzione di terreno che fu il cuore commerciale di Recco durante i bombardamenti.
Qui durante i bombardamenti si trasferì il cuore nevralgico della città.
Molte delle case che oggi vediamo erano già presenti all’epoca e ospitarono durante i bombardamenti attività che storicamente siamo abituati a veder localizzate altrove e che sono un po' il simbolo della nostra cittadina. Nella casa alle nostre spalle, posta di fronte all’inizio del ponte romano, sorgevano al primo piano la scuola e al piano terra l’osteria della “Manuelina”: anche durante i bombardamenti a Recco non si smise mai di sfornare la mitica focaccia col formaggio. Dall’altra sponda del fiume, nell’attuale panificio Cantina, trovarono ospitalità un altro noto ristorante, l’osteria “Da o Vittorio”, e l’ufficio postale.
Poco più avanti, sulla nostra sinistra, incontriamo la casa che ospitò alcune classi della scuola primaria: Rosa Mammi ricorda perfettamente le lezioni svolte in cucina con gli aromi delle pentole che allietavano le lezioni.
Dal lato opposto del fiume sorgeva un rifugio di cui tutt’ora si possono vedere lungo l’attuale statale i segni dell’ingresso. Mario Pallavicini racconta che si trattava di un rifugio a due bocche costruito non solo con l’utilizzo dello “stampotto” ma anche col supporto di un compressore. Qui insieme alla polvere da sparo venne utilizzata anche la balestite (quadrotti di esplosivo che erano in uso ai soldati e quindi all’epoca facilmente reperibili).
Questa parte di Recco non fu quasi mai toccata dai bombardamenti se non durante il secondo (l’unico di giorno) in cui una bomba, probabilmente nella fase del rientro alla base, venne sganciata proprio qui: ai margini del letto del fiume.
Gli abitanti della zona e le persone che era sfollate qui erano più fortunati di altri in quanto qui erano presenti un mulino ed alcuni frantoi, che garantivano le riserve di cibo.
Proseguendo lungo la strada carrozzabile giungiamo nel punto in cui, alla nostra sinistra, è ben visibile l’ingresso di un rifugio.
A pochi metri da noi troviamo uno dei rifugi più ben conservati di Recco.
Si tratta di un rifugio a due bocche, in cui si ben notano le caratteristiche paratie protettive che venivano costruite per difendere gli ingressi da eventuali esplosioni. La struttura di questo rifugio si differenzia dalle altre per la presenza al centro di un’ulteriore galleria scavata in un secondo tempo per poter accogliere un numero maggiore di sfollati.
Proprio per sottolineare la natura spiccatamente commerciale che ha connotato questo borgo in quegli anni, si ricorda che nelle vicinanze del rifugio sorgeva un piccolo emporio allestito in una costruzione di fortuna che vendeva generi di prima necessità.
In una delle case qui sopra sorgeva, inoltre, un comando tedesco molto frequentato, dal quale passavano i soldati a cavallo che si dirigevano a Cassino. Durante gli anni della guerra in questa struttura si alternarono soldati di varie nazionalità ed ognuno aveva una sua peculiarità. I tedeschi in particolare vengono ricordati dagli abitanti della zona come i più ordinati e precisi; furono loro, per esempio, a dotare la casa di servizi igienici.
Ad ogni cambio accadeva che i militari dimenticassero qualcosa: Giorgio Pozzo, all’epoca bambino, ricorda bene come i tedeschi si arrabbiarono con lui perché aveva utilizzato il coperchio di una vecchia gavetta, scordato dal plotone precedente, per dare da mangiare alle galline. Si ricorda che soggiornarono qui anche gli Alpini della Monte Rosa.
Nella casa che ospitava il comando tedesco viveva anche una famiglia di Ebrei. Questo fatto ai nostri occhi come a quelli degli allora abitanti della zona appare come uno strano controsenso: era una silenziosa convivenza o veramente i tedeschi ignoravano l’origine dei loro vicini di casa?
Proseguendo lungo la strada incontriamo la seconda porta del rifugio e continuando a costeggiare il fiume raggiungiamo il ponte romano: siamo entrati nel borgo di Corticella.
L’abitato di Corticella, a cui si giunge attraversando i due ponti romani che sorgono nel territorio cittadino, è rimasto nella sua struttura simile a come era durante i bombardamenti. Qui sfollarono numerose famiglie sia del centro di Recco che provenienti da Genova. Tutti vivevano con un gran senso di comunità, condividendo con gioia quel poco che gli era rimasto dopo i bombardamenti.
Il nonno della signora Rosa Mammi, in quegli anni, per esempio, rimise in funzione il frantoio per ricavare olio di sansa che scambiava poi con generi alimentari di cui la famiglia era sprovvista.
In questo borgo trovò ospitalità la storica farmacia Diena che era allora un punto di assistenza fondamentale per la comunità.
Particolarità della zona è la presenza della cappella di San Matteo in una abitazione privata.
In questa zona sorgevano alcuni rifugi che oggi risultano inaccessibili.
Si ringraziano per le testimonianze Rosa Mammi, Mario Pallavicini (Marietto) e Giorgio Pozzo.