Maria: “Ciao mi chiamo Maria e loro sono i miei amici Enzo ed Emilio. Siamo qui al Suffragio, sul piazzale e giochiamo a” lippa”. Ci siamo proprio divertiti nell’estate del 1937! Mio papà era il custode delle carceri di Recco e quante me ne raccontava quando rientrava a casa. Ricordo che i soldati tedeschi non erano poi così prepotenti. Enzo te li ricordi i tedeschi?”
Enzo: “Certo! Quando andavo a scuola dalla maestra Silvia li incontravo sempre. Portavo con me la legna per riscaldarci durante le lezioni e a volte nel tragitto per arrivare alla scuola sul monte Goi mi aiutavano ad attraversare i fossati. I soldati nemici avevano delle divise color cachi che mi facevano pensare al deserto. Venivano anche da mio papà ad acquistare il fieno e glielo hanno sempre pagato fino all’ultima lira. Emilio tu cosa ricordi?”
Emilio: “Io di loro ho solo bei ricordi, con mia mamma tutti i pomeriggi andavo qui sopra a Villa Palme. Lei lavorava lì come cuoca ed io giocavo con Anselmo. Con lui ho scattato le prime foto e guarda, qui ho la macchina fotografica che mi ha regalato. Nella villa c’era anche una scuola, la classe era mista e gli studenti studiavano materie diverse dalle nostre: arte, teatro, fotografia e addirittura coltivavano l’orto. Maria, Enzo ricordate? Non c’erano nè voti nè interrogazioni, non come da noi! Nel periodo pasquale decoravano le uova, le nascondevano nel parco della villa e poi facevano a gara a chi ne trovava il maggior numero. Il papà di Anselmo, il professore Weil grande appassionato di fotografia, aveva allestito nella portineria una camera oscura e mi piaceva tantissimo osservarlo mentre sviluppava le fotografie. Io da grande voglio fare il fotografo! Eh si ci siamo proprio divertiti in quegli anni. Poi però è arrivato l’aereo ricognitore, da noi soprannominato “Pipetto”. Quanta paura quella notte! Enzo, ma anche tu nelle Agge ti sei spaventato?”
Enzo: “Si una nube grigia avvolgeva Recco e si sentivano le grida di aiuto. I giorni seguenti me li ricordo bene. Con i miei genitori ci siamo riuniti in una stanza per far spazio in casa alle famiglie di Recco che fuggivano dal centro cittadino. Questi nuclei famigliari erano così numerosi che mio papà tagliò degli ulivi secolari per costruire dei ripari per tutti. Maria se ricordo bene anche tu sei sfollata qui da Recco!”
Maria: “Siamo saliti su al “Poggio” nella casa dei miei nonni. Vi racconto un segreto; mio papà nella notte del 10 Novembre era in servizio e alla caduta della prima bomba aprì le celle e lasciò uscire i detenuti. Non poteva infatti abbandonare i prigionieri al loro destino. Durante i bombardamenti mia mamma ci portava in un piccolo rifugio nel bosco di castagni nei “Ciazzi”. Mi ricordo che ne approfittavamo per raccogliere le castagne e poi la sera le cuocevamo. Enzo anche da te c’era un rifugio?“
Enzo: “Si, quello delle “Agge”. Lo ha costruito mio papà Beppin con i suoi cugini. Era spazioso con un’entrata e un’uscita. All’interno c’erano anche dei cassoni pieni di terra per attutire i rumori. All’esterno avevano messo anche un appendiabiti. Quando scendevamo a Recco mia mamma si fermava davanti alla statua della madonnetta e recitava sempre una preghiera affinchè la Suffragina ci proteggesse. Dai ragazzi! Facciamo merenda! La mamma mi ha dato delle pere che mi ricordano quelle dell’albero del caruggio. Come era bello e quante volte ci siamo arrampicati sul muro per raccoglierle!”